Ho sempre pensato che gli alberi, meravigliose architetture viventi e fruscianti, debbano essere rispettati ed amati. Da quando molti anni fa la fotografia si è impossessata di me, tramutando la semplice passione quasi in un bisogno esistenziale, questa mia convinzione si è ulteriormente rafforzata, spingendomi ad immortalare, nelle condizioni climatiche ed ambientali più disparate, l’essenza stessa della bellezza. Lentamente, ma costantemente, sono entrati prima nel mio cuore e poi nell’obiettivo alberi che disegnano il paesaggio, segnano un sentiero, impreziosiscono un campo, esaltano una collina, ma anche alberi coltivati e geometrici, in filari vecchi o giovani, isolati su rupi e strapiombi o insieme in boschi e foreste, in parchi e giardini. Scrittori, poeti e filosofi hanno coniato in passato ogni sorta di definizione per queste meravigliose creature, tra le quali non posso dimenticare “alberi come cattedrali”, “processioni padane”, “statue di legno”, “sentinelle di pianure e colline”. Gli alberi sono amici dell’artista, ma tuttavia l’uomo troppo spesso non li ama. Ai nostri occhi abbagliati dalla loro infinita varietà di forme e colori, appaiono infatti sovente boschi devastati dal fuoco, alberi sfregiati da scritte insopportabili, tagliati ed abbattuti per far posto a nuove strade o per coltivare meglio i campi, uccisi per cupidigia o denaro; grandi alberi isolati, maestosi, monumentali, simbolo ed immagine della bellezza, eliminati per avere campi da arare a perdita d’occhio o strade e lottizzazioni indegne. Il prodigio straordinario della natura trova negli alberi una delle sue massime espressioni: la capacità di mutare livrea e colore al variare delle stagioni, la forza di sapersi adattare ai più diversi tipi di terreno, di resistere al vento, al ghiaccio e alla neve suscitano in me un sentimento di ammirazione incancellabile. E’ per questo che all’iniziale sguardo rivolto ad abeti, querce, pioppi, cipressi, olmi, castagni, ciliegi, olivi, roveri, faggi, platani, betulle, larici e molte altre specie ancora, la mia ricerca fotografica si è arricchita nel tempo di nuovi temi: foglie, fiori, frutti, gemme, cortecce, chiome o anche più semplicemente rami spogli, nudi, rivolti verso il cielo, che si rivestono di nuovi colori. Ancora adesso, a quasi quarant’anni dal primo idillio non riesco a resistere al piacere di immortalare pioppeti imbiancati dalla neve, ricamati dalla galaverna, avvolti dalla nebbia, o al contrario illuminati dalle foglioline primaverili, oscurati dalle folte chiome estive, arricchiti dai caldi colori autunnali. Questa raccolta di immagini si propone dunque di rendere omaggio a queste straordinarie e insostituibili presenze della nostra vita. I testi e le citazioni che accompagnano la mia personale rassegna fotografica rafforzano ulteriormente la mia convinzione che gli alberi, grandi o piccoli che siano, monumentali o esili, sono da conoscere, da rispettare, da godere e da amare per sempre. 
 
Arrigo Giovannini
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