In un altro tempo Arrigo Giovannini sarebbe stato un pittore, non un impressionista intento a tradurre en plein air la propria percezione visiva in una personale interpretazione di forme e colori, ma un vedutista, un pittore d’atelier che, da un primo schizzo preso sul posto, con cura meticolosa depura la natura da tutte le imperfezioni fino a trarne una immagine ideale.
In questo tempo Arrigo Giovannini è un fotografo, chiamato a misurarsi con la realtà tramite il mezzo tecnico. Il rapporto dell’uomo con la fotografia è sempre stato ambiguo: apparentemente la riproduzione fotografica sembrerebbe garantire di per sé l’autenticità e l’oggettività dell’immagine, in realtà il linguaggio fotografico, in quanto iconico, si presta a tutti gli artifici, le ambiguità e le ideologie che caratterizzano il linguaggio verbale.
Giovannini depura quasi tutte le sue immagini da qualsiasi presenza umana, ricreando nelle sue serie un paesaggio disabitato, dove i segni della presenza dell’uomo diventano puri elementi formali, che servono ad equilibrare le geometrie e ordinare ritmicamente i volumi.
Gli schemi della sua sintassi compositiva derivano da quelli della pittura tra otto e novecento: a chi ha dimestichezza con la pittura appariranno evidenti richiami più o meno consci alle verticalità degli alberi di Sérusier, alle orizzontalità delle campagne di Corot, agli incontri tra terra e acqua che circondano la barca del più famoso quadro di Millet; più scontati e ormai parte dell’immaginario collettivo gli echi di Monet in un tramonto o in un covone trasformato in rotoballa.
Niente di meno “naturale” dunque di queste immagini della natura, di una natura che non esiste in questi termini se non in un particolare momento di un particolare giorno, che non esiste più spostando l’obiettivo di pochi gradi, che non esiste senza un determinato filtro.
Una sapienza tecnica, dunque, una fortunata scelta del momento, del giorno, della luce, una cultura di immagine stratificata, queste sono le qualità di Giovannini che riesce a farci vedere in un modo molto poetico un ambiente che, purtroppo, solo raramente e in determinati scorci ci appare così bello, così perfetto.
Come il pittore d’atelier dunque Giovannini perfeziona la natura e ci regala vedute armoniche ed equilibrate che compongono di un territorio reale una immagine ideale ed estetizzante; questa è la magia e l’arte della sua fotografia.
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Barbara Tamburini Franchini