Tanti milioni di anni fa al posto della pianura, dove oggi sorgono innumerevoli città, si stendeva un vasto mare.
Allora la terra era in continuo movimento, le montagne appena innalzate si sgretolavano e, con inimmaginabile pazienza, il mare si riempì. I suoi antichi abitanti li ritroviamo, oggi, pietrificati testimoni di un tempo remoto.
Poi le terre emerse si coprirono di strane piante ed ancor più mirabili animali. E fu il caldo tropicale e poi il ghiaccio venne a modificare il paesaggio di quella terra nuova che diventava, millennio dopo millennio, sempre più vecchia e sempre più giovane in continuo gioco ossimorico. Ma le montagne continuavano a sgretolarsi in sassi sempre più minuti, trasportati, come da un irrefrenabile richiamo, verso il mare che s’allontanava sempre più. Il mezzo per giungere al mare e ritrovare la matrice originaria erano i corsi d’acqua. Mille rivoli che sbucavano dai ghiacciai, dalle fessure dei monti, trasudavano dal terreno intriso per congiungersi in un unico grande tronco: un albero, immane, steso a terra che nasce dai rami per affondare le radici nel mare.
Questo fiume cambiò più volte il suo nome, ma era e rimane il fiume dei fiumi: il Po.
Il Po non è, infatti, una realtà a sé stante ma un coacervo di acque, sabbie, terre, alberi, popoli. Un insieme di storie e di storia.
La storia si basa sui documenti e dal fondo del fiume, quando l’acqua diventa così poca da lasciare solo un filo umido dove il fondale è più profondo, emergono ossi d’animali estinti, grandi tronchi, armi arrugginite, ceramiche sbrecciate e mille altre testimonianze di una vita lunga e travagliata.
Ma importante documento sono anche le semplici raffigurazioni, dagli ex voto che ancora si trovano in qualche oratorio, ai paesaggi, essenziali o ricercati, tramandati in affreschi o quadri e, da ormai un secolo, dalle fotografie a volte dimenticate in un cassetto e dai colori illanguiditi, che testimoniano di costumi dimenticati, di un desinare sull’erba, di biciclette abbandonate contro un muro di canne.
Chi ama e conosce il fiume sente, anche da un’immagine, il silenzio assordante dei milioni di granelli di sabbia che sfrigolando gli uni contro gli altri, si spostano, trasportati alle correnti da una all’altra riva, e s’ammucchiano in grandi spiagge dove sarebbe possibile costruire immaginari castelli di sabbia.